Nei primi anni del '700, il nobile veneziano Paolo Lion, residente a Villa del Conte, fece costruire una chiesetta oratorio, situata lungo l'odierna via Giuseppe Marconi. Edificata all'estremo lato nord della villa dei Lion, nel 1707, venne consacrata ai Santi Pietro e Paolo dal vescovo di Vicenza Sebastiano Venier.
Successivamente, Lorenzo ed Angelo Lion, con l'intento di rendere più maestosa la chiesetta, commissionarono alla Scuola d'Arte "Marinali" di Vicenza due statue in pietra raffiguranti San Pietro e San Paolo. Giunte a Villa del Conte, si rivelarono troppo grandi e furono così donate alla parrocchia. Don Giuseppe Carrara le fece collocare ai lati dell'Altare Maggiore nella nuova chiesa eretta tra il 1740 e il 1746.
Nel 1826, la villa e l'oratorio passarono al nobile Vincenzo Venier (ricevuti dalla famiglia Grotta), il quale per motivi fiscali trasformò la villa in fabbricato rurale. L'oratorio subì una graduale decadenza tanto che, nel 1850, il vescovo di Padova (a cui dipendeva la parrocchia, dopo il passaggio dalla diocesi di Vicenza) sospese le cerimonie religiose. La chiesetta tornò a risplendere nei primi del '900 con i conti Pieralvise Serego Alighieri ed Anna Menegoni Bracceschi che finanziarono un radicale restauro tanto che, nel 1932, don Abramo Dal Prà, delegato dal vescovo, riconsacrò l'oratorio.
Nel 1994, Leonardo Serego, ritiratosi già dal 1960 a Castel del Piano Umbro conservando comunque la proprietà dell'oratorio, fece atto di donazione al signor Giovanni Cattapan. Ad oggi, l'oratorio viene aperto ai fedeli il 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, nel mese di maggio per il rosario, dal 1º al 13 giugno per la tredicina di Sant'Antonio e in qualche altra particolare occasione.
All'angolo tra via Guizze e via Piovego, dove allora si trova l'oratorio dedicato a Sant'Antonio di Padova, esisteva un grande ippocastano dove le persone si radunavano nei giorni di festa e, ancora oggi, la località è chiamata Castagnara. Lì, verso la fine del 1800, Giacome Sartore (detto Giacometo Marcon), in segno di ringraziamento al Santo per una guarigione, fece costruire un piccolo capitello.
La fede popolare verso il santo si diffuse tra le famiglie, le quali decisero così di innalzare un oratorio, inaugurato nel 1901. Data la sua linea architettonica e il suo piccolo campanile, si preferì chiamarlo "la ceseta de Marcon". Negli anni successivi, il suo patrimonio materiale ed artistico aumentò grazie a varie donazioni dei fedeli.
Nello stesso periodo, don Lamberto Domenico Spada convinto che l'oratorio fosse sorto per interessi folcloristici più che per devozione, non vi celebrò mai la Santa Messa. Le pratiche religiose ripresero con don Abramo Dal Prà, che ripristinò la Messa il 13 giugno, festa di Sant'Antonio.
Nel 1975, la chiesetta venne restaurata da un gruppo di volontari del luogo. Nel 1986, è stata sistemata nuovamente con opere di manutenzione sia la chiesetta che l'area circostante. Al lato dell'oratorio, un nuovo ippocastano sta crescendo.
Tra il 1590 e il 1613, il nobile Alvise Dolfin, secondo la volontà dello zio Nicolò, fece realizzare un oratorio pubblico all'inizio di via Ca' Dolfin dedicandolo a San Nicola di Bari, santo protettore dei Dolfin. Presso l'oratorio, oltre alle funzioni ordinarie, veniva celebrata anche la festa del patrono, il 6 dicembre, con la partecipazione di tutto il clero parrocchiale.
Nel 1835, i Dolfin cedettero il palazzo all'emergente famiglia comitense degli Zara. Questi ultimi, a causa di difficoltà economiche, trasformarono l'oratorio in locale produttivo. Nel 1867, ne fu ricavata una farmacia concedendola a due professionisti fino al 1897, anno in cui divenne la Farmacia Zanon, che lì vi rimase per tutto il '900. Con il nuovo secolo, la storica farmacia si spostò e lo spazio fu ceduto ad altre attività commerciali.
Fin dal 1600, esisteva, all'estremo angolo di via Sega, un oratorio nella villa feriale dei nobili Pasqualigo, dedicato a San Girolamo. Nel 1700, don Giuseppe Carrara si lamentava con i suoi superiori poiché i fedeli della zona preferivano l'oratorio alla chiesa. Il vescovo così ridusse il numero di funzioni religiose previste per l'oratorio.
Quando a fine '700 i Pasqualigo lasciarono Villa del Conte, il nuovo proprietario si concentrò sulle nuove proprietà, in particolare sulle attività del mulino sul fiume Tergola, trascurando il palazzo dominicale e l'oratorio. La decadenza fu tale che quest'ultimo venne dimenticato nel giro di un secolo.